Quantcast
Channel: ZeroVirgolaSette » emergenze
Viewing all articles
Browse latest Browse all 10

La “nuova” cooperazione europea e le implicazioni per l’Italia

$
0
0

flagIl 70% dell’aiuto allo sviluppo italiano iscritto nel bilancio delle stato italiano  è costituito da trasferimenti obbligatori alla Commissione europea che sono impiegati per interventi in Paesi in via di sviluppo attraverso il bilancio comunitario o il Fondo europeo di sviluppo. L’entità finanziaria dell’impegno europeo in termini di cooperazione allo sviluppo è fissato per sette anni, durante i lunghi negoziati sul bilancio comunitario che coinvolgono la Commissione europea, gli Stati Membri ed il Parlamento Europeo. Una volta chiuso, la quantità di aiuto pubblico comunitario che è praticamente “messa al sicuro” per sette anni.

Le disponibilità finanziarie di tutto il bilancio comunitario terminano nel 2013 e si è già riavviato il negoziato per il periodo 2014-2020. Le scelte fatte influenzeranno sia finanziariamente, per l’entità dei trasferimenti italiani, sia strategicamente il quadro di riferimento della nostra cooperazione.

Lo scorso dicembre la Commissione europea ha presentato la prima proposta che prevede un aumento delle risorse finanziarie per la sua “azione esterna” del 25%, in una proposta complessiva che aumenta il bilancio del 3%. Attualmente le attività di cooperazione rappresentano circa l’8% del bilancio comunitario.

Sulla base della proposta per il 2014-2020, lo strumento principale dell’azione di cooperazione allo sviluppo in termini di finanziamenti, resta il Fondo europeo di sviluppo, con una disponibilità per circa 34 miliardi di euro, +13%, che sostiene interventi bilaterali in Africa sub-Sahariana, Caraibi e Stati del Pacifico (ACP).

Segue lo “Strumento di cooperazione allo sviluppo” con una disponibilità di 23 miliardi di euro,+ 19% , opera geograficamente nei Paesi dell’America Latina e in Asia oltre a finanziare interventi settoriali, come il sostegno allo sviluppo umano o alla società civile, anche negli ACP. Nella proposta sullo “strumento di cooperazione”, energia e cambiamento climatico diventano due nuove priorità settoriali.

L’elemento più innovativo e criticato del nuovo approccio strategico di cooperazione all’America Latina e Asia è la scelta di non avviare interventi di cooperazione allo sviluppo in 19 paesi dell’aera che hanno un reddito pro-capite o un peso economico complessivo significativo. L’idea è che in tal caso disporrebbero delle risorse sufficienti per investire nel proprio sviluppo.

Paesi con un reddito pro-capite superiore a quello dell’Ecuador o con una quota nell’economia mondiale come quella dell’India o dell’Indonesia ( maggiore dell’1%) sono esclusi dallo “strumento di cooperazione”. Il riorientamento permette di liberare 2 miliardi di euro da concentrare nei Paesi con minor reddito pro-capite della area.  

La proposta è criticata anche per la sua “parziale” applicazione geografica. Infatti nel periodo 2014-2020, Paesi che hanno un reddito pro-capite superiore a quello dell’Ecuador continueranno a beneficiare d’interventi di cooperazione allo sviluppo gestiti dalla Commissione poiché non ricadono nell’area di competenza geografica dello “strumento di cooperazione”. Si tratta ad esempio dell’Albania, della Namibia, della Giordania, del Sud Africa, della Tunisia e del Libano.

Lo “strumento di cooperazione di vicinato”, attivo nell’area  orientale e meridionale del Mediterraneo dovrebbe disporre di 18 miliardi di euro, con un incremento del 23%, il maggiore in termini relativi tra quelli proposti.  Si tratta della risposta finanziaria e dell’attenzione dell’EU ai cambiamenti che hanno investito l’area. La proposta modifica anche l’approccio strategico di cooperazione all’area, aumentando la flessibilità finanziaria per ricompensare quei Paesi che maggiormente facciano progressi in termini di democratizzazione. Questo esplicito  incentivo alle riforme viene criticato come una “condizionalità democratica” che fa percepire la UE fare ingerenza nella politica interna dei paesi senza essere in grado di “comprare” le evoluzioni di un paese.

Infine lo strumento d’azione umanitaria con una disponibilità di circa 7,5 miliardi di euro (+4%) affronterà il ripensamento strategico più importante, con la riscrittura del regolamento del 1996 che aveva fatto nascere l’”aiuto umanitario europeo”, una delle migliori agenzie mondiali di risposta alle emergenze.

La discussione sulle disponibilità finanziarie future di cooperazione della Commissione europea è appena all’inizio e si intreccerà con le discussioni generali sul bilancio comunitario e con quelle sul valore aggiunto di fare cooperazione allo sviluppo attraverso la Commissione. Il dato che emerge nella proposta è la richiesta d’incremento per le azioni di aiuto allo sviluppo per 12,5 miliardi di euro nei prossimi sette anni. Sulla base della quota contributiva proposta dalla Commissione, il finanziamento dall’Italia si aggirerebbe attorno ai 200 milioni di euro in più all’anno, oltre i 1,2 miliardi di euro di oggi, a partire dal 2014. Per quell’anno l’ammontare complessivo previsto per legge per gli interventi  “non obbligatori” della nostra cooperazione sarà intorno ai 120 milioni di euro.  

Il messaggio politico evidente in questa richiesta finanziaria è che la Commissione europea in una regione in recessione decide di aumentare significativamente le appropriazioni per la propria azione esterna, dimostrando di credere nella centralità di questa politica pubblica per il rilancio; così come negli USA Obama sta tentando d’incrementare del 3% il budget della cooperazione per il 2013, a fronte di un super-taglio triliardario che investirà tutto il bilancio.

Oltre il dato quantitativo, è importante valutare l’impatto del riorientamento strategico proposto dalla Commissione europea sulla cooperazione italiana, che è il quarto finanziatore dell’azione europea.  Il nostro Paese non  ha programmato di avviare nuovi interventi di cooperazione - anche nel caso ci fossero le risorse - in 18 dei 19 paesi da dove la Commissione europea è intenzionata a uscire, tranne l'Ecuador. Invece, settori che emergono come prioritari nella nuova programmazione europea come la questione energetica e il cambiamento climatico sono praticamente ignorati dalle linee strategiche 2012-2014 della nostra cooperazione.

Infine il ripensamento dell’approccio e del sistema europeo di risposta alle emergenze umanitarie internazionali fornisce all’Italia l’opportunità di definire finalmente un proprio sistema chiaro che si fondi sui principi di imparzialità, umanità e neutralità e non solo sulle esigenze di politica estera.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 10

Latest Images

Trending Articles